Descrizione
La riproposizione di questo testo, quarant’anni dopo la prima pubblicazione in Italia, ci consente di riprendere un percorso tracciato dall’autore, originale, complesso e ancora molto attuale.
Tutto il lavoro svolto da Devereux nella sua vita ha attraversato vari campi del sapere, dalle scienze cosiddette esatte – la fisica di Bohr, la chimica di Marie Curie – a quelle umane – la etnopsicoanalisi di Géza Róheim, l’antropologia di Marcel Mauss e C. Lévi Strauss, la sociologia di Roger Bastide -. Un uomo di attraversamenti, di frontiera e frontiere non solo geografiche ma anche disciplinari che rende questo testo ricco e stimolante per diverse figure professionali.
Fu chimico, fisico, grecista raffinato, etnologo, psicoanalista, scrittore.
Fu fra i maggiori rappresentanti di quel filone di pensatori che, sulla scia del Freud “antropologico”, ha cercato di sviluppare i rapporti fra psicoanalisi e le altre scienze. Devereux sosteneva che l’etnopsicoanalisi complementarista ha come obiettivo quello di formulare ipotesi su un dato fenomeno osservato, secondo due modalità esterne (dall’etnologo) ed interne (dallo psicoanalista): le due “letture” sono complementari e non opposte.
Gli approcci tradizionali sono stati basati essenzialmente sul preferire un metodo sull’altro. “Il complementarismo non è “una teoria”, ma una generalizzazione metodologica, non esclude nessun metodo, nessuna teoria valida, le coordina”. Con questa ottica Devereux “legge” diversi fenomeni: dalla psicosi nelle società tradizionali alla tragedia greca, dagli sciamani Mohave alla identità etnica.
L’autore, in questo testo, assurge al ruolo di un vero e proprio maestro-guida che ci aiuta, nel processo di osservazione, a decentrarci, guadagnando così quella distanza utile a ri-dimensionarci, “a farci periferia”, per vedere meglio come si vive “ai confini dell’Impero” (anche dei nostri pensieri!). Ogni terapeuta sa che costruire un dialogo, vuol dire rapportarsi con tutte le parti centrali e periferiche, altrui e nostre. Questo viaggio proposto da Devereux diventa alla fine una straordinaria occasione di far “…diventare centrali tanti pensieri e tante persone periferiche”.